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lunedì 14 aprile 2008

Mosaic Art descrive i mosaici Pavimentali e Parietali

Mosaici Pavimentali:
L’esecuzione dei mosaici pavimentali nell’antichità è ben documentata dalle precise descrizioni che ci hanno lasciato Vitruvio e, in epoca successiva, Plinio il Vecchio, i quali parlano di alcuni strati preparatori che eseguiva il mosaicista prima dell’opera a mosaico.
Innanzitutto occorreva assicurarsi che il terreno fosse compresso e piano, atto a ricevere gli strati preparatori: quindi si passava a stendere il primo, che consisteva in un resistente composto di ciottoli, posto direttamente sul terreno, chiamato statuminatio; sopra questo veniva posto il rudus, una miscela di calce e ghiaia alto poco meno di mezzo metro. Quindi il nucleus, uno strato alto 12 cm, in calce e cocciopesto.
A questo punto il mosaicista tracciava uno schizzo (sinopia), utile per avere un’idea complessiva della figurazione che doveva eseguire a mosaico; terminava la preparazione il suvranucleus, uno strato di calce e pozzolana che veniva steso “a giornate”, cioè a piccole porzioni, per consentire così l’allettamento delle tessere “a fresco”.
Questa elaborata tecnica sopravvive fino al XIX secolo, dopodiché i primi tre strati descritti sono sostituiti da un unico preparato, il vespaio. Sopra questo vengono applicate alcune lastre in cemento armato ed infine il legante, sul quale sono poste le tessere.

Mosaici parietali:
Se l’esecuzione dei mosaici pavimentali è ben documentata, non sappiamo invece quasi nulla circa la preparazione dei mosaici parietali, che possono essere studiati, quindi, solamente sul campo e non attraverso le fonti storiche.
Il triplice strato preparatorio per queste opere comincia con l’arriccio, steso direttamente sulla parete di mattoni, costituito da una miscela di calce spenta, sabbia e fuscelli di paglia, spessa pochi centimetri; negli interstizi tra un mattone e l’altro venivano posti chiodi a testa larga o grappe, per dare stabilità allo strato. Lo scopo di questo primo strato era quello di uniformare la parete. Sull’arriccio venivano praticate alcune striature verticali con una cazzuola, in modo da fornire un appoggio allo strato preparatorio intermedio, un preparato molto fine di intonaco.
A questo punto si tracciava uno schizzo, per disegnare a grandi linee la figura da mosaicare.
L’ultimo strato, sottile 1,5 – 2 cm, era una fine miscela di calce e polvere di mattone o marmo, che veniva stesa a “giornate”, cioè a piccole porzioni, in modo da applicare le tessere sull’intonaco fresco.
Su questo intonaco si compiva un preciso disegno preparatorio, eseguito “a fresco”, sul quale poi il mosaicista poneva le tessere.
Questa tecnica rimane invariata fino agli anni trenta del Novecento, quando Sironi utilizza per primo lastre di eternit su cui si pongono direttamente le tessere, in modo da poter eseguire il mosaico in laboratorio e spostarlo nel luogo di destinazione una volta terminato, riducendo così notevolmente i tempi di produzione ed i costi
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